Lui & Lei
La linea: il prologo pt.2
di tongue81
30.01.2024 |
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"Accettai l'offerta senza alcuna remora o esitazione e lo ringraziai concedendogli nuovamente il mio culo in preda ad una smania di felicità e di sesso che..."
La sera in cui mi masturbai fuori al locale, venni travolta da una voglia assurda di cazzo, di mani sulla pelle, di baci appassionati. Puntai su Pasquale, lo chef e titolare del ristorante, il quale mi rifiutò con decisione per la sua, a mio avviso, impensabile omosessualità. L'imbarazzo sedò le mie voglie e scopai dopo un paio di settimane, con Lorenzo, prima di imbarcarci per una nuova crociera.Quella sera, il mio mentore e il mio maestro mi trascinò in un vortice di lussuria violando per la prima volta anche il mio culo, con dolcezza e passione tanto da farmi godere come mai prima di quel momento.
Durante la navigazione, riprese a scoparmi con la solita foga sia di primo mattino, sia a notte fonda, quando i fornelli della cucina erano spenti e il suo cazzo aveva solo voglia di fottere e svuotarsi. Non ero solo la sua zoccola, ero la sua allieva prediletta, la più brava che avesse mai conosciuto: una sera, dopo avermi allagato l'intestino di sborra, mi raccontò di come, nell'antica Grecia, fosse normale che il maestro iniziasse l'allievo ai piaceri della carne ma a me nun me fotteva dell’aspetto educativo. Mi piaceva il suo pesce stuorto e il sapore della sua spaccimma, mi piacevano le sue mani addosso mentre mi insegnava nuove preparazioni, calore del suo corpo e della sua lingua, le parole dolci e le porcate che mi sussurrava all’orecchio mentre mi fotteva forte. Una mattina, ancora stravolta da un violento orgasmo, gli confidai che un'ufficiale di bordo di nazionalità greca mi stava corteggiando e lo feci nonostante temessi la sua reazione immaginando che il mio pigmalione potesse punirmi per questa rivelazione. Invece, Lorenzo mi stupì ancora una volta: mi accarezzò in modo paterno e mi disse che ero libera di farmi chiavare da chi volevo, tanto sarei sempre tornata a cercare il suo cazzo. Quella sera stessa, con la bocca ancora impastata dello sperma del mio mentore, decisi di voler seguire il mio istinto e feci in modo di incrociare quel greco dalle mani grandi e nodose.
Consumammo una frugale e irruente scopata nel in un bagno, travolti da un desiderio di sesso che ci impedì di arrivare alla sua cabina. Vassilis fu un amante focoso e passionale, premuroso e attento come quel Gaetano sparito per sfuggire alla camorra: mi faceva sentire amata pur non potendomi amare perché sposato, mi fotteva alternando dolcezza e lussuria, facendomi vibrare come una corda di violino ad ogni affondo del suo cazzo, ad ogni leccata della sua lingua. Furono tre settimane incredibili: Lorenzo continuò ad insegnarmi i segreti della cucina e svuotare, ogni mattina, i suoi coglioni gonfi e pelosi nella mia bocca mentre il resto del mio corpo era solo di quell'uomo dolcissimo che riusciva a farmi raggiungere vette di piacere sessuale impensabili.
Ogni sera, Vassilis mi scopava appassionatamente, si prendeva cura del mio corpo e della mia anima con sacralità, con rispetto e con tenerezza. Alternava con sapienza il ritmo delle penetrazioni, mi ingravidava gli occhi con sguardi appassionati e, solo dopo avermi reso esausta del suo cazzo, mi inondava del suo sperma, schizzandomi sul viso, sul corpo, sull'anima.
Un pomeriggio, dopo una sosta a Genova, Lorenzo mi consegnò una lettera, dove il mio compagno di viaggio mi salutava per sempre: la vita fuori dalla nave lo reclamava, costringendolo a fuggire da me. Mi scrisse dei figli, del desiderio di vederli crescere e di insegnare loro l’amore per il mare, come aveva fatto suo padre con lui, del bisogno di tornare alle proprie radici, alla sua terra e alla sua casa, nonostante il rapporto con la moglie fosse ormai logoro ed irreparabilmente strappato.
Mi rifugiai tra le braccia e le gambe di Lorenzo, unico uomo a non avermi mai deluso ed abbandonato, unico uomo che mi stava ricompensando per il sesso con qualcosa di altrettanto prezioso, con un futuro da seguire, con sogni da coltivare. Il giorno prima di sbarcare, venne nella mia cabina per la solita sveltina mattutina con in mano una cartellina, dove aveva riposto un contratto come sua sous chef in un ristorante di Asiago, di cui era socio. Accettai l'offerta senza alcuna remora o esitazione e lo ringraziai concedendogli nuovamente il mio culo in preda ad una smania di felicità e di sesso che ormai pensavo persa e sepolta dopo l’addio di Vassilis.
Furono sette anni di grandi sacrifici, grandi progressi e grandi scopate con l'unico uomo che non mi aveva mai deluso, che non mi aveva mai abbandonata: come un padre, anzi meglio di quello biologico, mi aveva aiutato a trasferirmi, a trovare una piccola casa e a gestire in modo corretto i soldi che mi corrispondeva per il mio lavoro. Poi, nonostante la presenza di quella povera cornuta della moglie, mi continuava a fottere con la solita foga, nella fica e nel culo, ormai senza preservativo dopo avermi confidato di essere sterile tanto da non aver mai regalato un figlio alla donna che aveva sposato. Ogni sera, mi accompagnava a casa e lì mi sbatteva a dovere, facendomi sempre alluccare di piacere. Pochi mesi dopo aver concluso il settimo anno di collaborazione, una sera conobbi Alessio, un giovane e rampante industriale della zona: bello, prestante e charmante, non ebbe difficoltà a conquistarmi con il suo sorriso splendente e i suoi modi raffinati. Ancora una volta, Lorenzo fece un passo indietro, mi lasciò la possibilità di vivere una storia con quello che, ai miei occhi, era vero un principe azzurro ma senza calzamaglia a femmeniell e senza cavallo bianco.
La favola, ben presto, divenne un incubo: dopo pochi mesi, il ragazzo gentile divenne un pazzo violento, manesco e troppo spesso chin e cocaina. Le prime mazzate furono dettate dallo stress e dalla droga, i primi lividi vennero curati da dolci parole di scusa ma, ad un certo punto, divennero normalità ed abitudine. Tenevo paura di rientrare a casa sua dopo il servizio, speravo che la coca e le puttane che pagava lo avessero stordito e invece era sempre lì, pronto ad abusare del mio corpo e della mia anima per poi pentirsi e trasformarsi il mattino successivo.
Fui brava a nascondere sempre tutto a tutti, temendo una sua reazione, e il suo potere e prestigio che lo rendevano un intoccabile: solo quando mi massacrò di mazzate per non aver accettato di farmi scopare come la peggiore delle zoccole da tre suoi amici, non riuscii a nascondere i lividi e a sedare il dolore fisico.
Quella mattina fu l'ultima volta in cui vidi Lorenzo: non appena fu chiara la situazione, mi fece confessare tutto e mi intimò di salvarmi, di tornare a Napoli e di abbandonare per sempre Asiago. Mi aiutò a raccogliere i miei effetti personali dalla casa di Alessio dove mi ero trasferita, mi liquidò la collaborazione professionale con una ricca ed inaspettata buonuscita e mi disse di sparire, di tornare a Napoli ed avviare una mia personale attività.
Chiagnendo come una pezzerella, gli chiesi di non abbandonarmi e attesi una risposta confortante che puntualmente arrivò.
Tornai da mio padre dopo anni, in una nuova casa dove viveva con una nuova compagna, una vedova benestante, con cui condivideva la vita e la perdita del proprio amore di gioventù. Attesi giorni prima che Lorenzo si facesse vivo e poi, come sempre, mi indicò la via. Presi appuntamento con Pasquale, il ristoratore di Pozzuoli, e mi mostrò una piccola trattoria chiusa da suoi prozii ormai stanchi e troppo vecchi per il nostro lavoro: si sarebbero accontentati di una piccola cifra per la ceditura, di una percentuale sui ricavi per 6 mesi, a condizione che avessi assunto Carmela, una loro collaboratrice a cui erano affezionati.
Tempo due mesi e finalmente accesi i fornelli di una mia cucina, di un posto mio che avevo costruito basandomi solo sulle mie forze e le mie capacità, lo stesso locale dove adesso mi trovo, piena della sborra del mio amore adolescenziale e felice come quando avevo 18 anni.
[Fine]
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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